“If you want to find the secrets of the universe, think in terms of energy, frequency and vibration” , con questa frase, Nicola Tesla descrive con poche parole, il segreto per la comprensione dell’Universo, dove ogni elemento è energia e trasmette precise frequenze vibrazionali, oltre che a risuonare con e in esse. Anche in molti testi sacri, l’importanza del “suono” viene messa in evidenza: nella Bibbia, al vangelo di Giovanni, vi è una frase estremamente profonda, adamantina, che racchiude un’antica saggezza: “In principio era il Verbo”; nel “Mandukya Upanishad”, in sanscrito è scritto: “Il mondo è come il suono. Dall’Uno nasce il suono, il suono OM.”; nel “Gandharva Veda”, furono riuniti un gran numero di testi che si riferivano alla metafisica e alla fisica del suono, alla semantica e al simbolismo musicale, alla storia e alla teoria della musica, e inoltre, ad applicazioni artistiche, magiche e terapeutiche dei fenomeni sonori. Secondo la scienza vedica, ogni oggetto fisico ha un’origine psichica perché prima di cristallizzarsi materialmente è stato un’idea e la relativa matrice psichica si può ritrovare nell’oggetto. Ogni oggetto fisico infatti contiene una fonte di energia i cui i flussi sono denominati pratyaya in sanscrito. Il pratyaya partendo dall’oggetto, stimola gli organi di senso che sono trasduttori energetici primari. Come in un microfono, l’energia sonora dei fononi viene trasformata in onda elettrica ed inviata ad una piastra magnetica che la registra, così fa la facoltà di senso, ricevendo l’onda energetica-psichica, trasformandola in onda mentale individuale (vritti) e trasmettendola alla mente (manas).
Anche nella dottrina musicale pitagorica dell’antica Grecia, si riteneva, che la conoscenza e la comprensione delle leggi della Natura, fossero legate ai numeri e alle note musicali e che la funzione dell’udito fosse quella di interpretare il Cosmo attraverso suoni e brani musicali basati su relazioni e proporzioni numeriche.
Un altro esempio dell’efficacia e del “potere” del suono, sono i Mantra, la cui parola in sanscrito, significa: “pensiero che libera e guarisce”. Esso svolge la sua funzione anche attraverso la semplice ripetizione mentale, ma raggiunge la massima efficacia se recitato o cantato, abbinando così al potere del pensiero quello del suono. Nella tradizione indiana troviamo migliaia di mantra, ciascuno congegnato per assolvere un diverso effetto: alcuni sono costituiti da singole parole ed altri da brevi frasi, come il celeberrimo “om mani padme hum“. Ciascuno di questi mantra ha un preciso significato in lingua sanscrita, tuttavia, non è il significato lʼelemento più importante di un mantra, bensì, la qualità della vibrazione sonora che esso produce, ed è questo aspetto che rende i mantra uno strumento universale, la cui validità prescinde dalla lingua, religione e cultura di chi lo pratica.
Nel suo articolo “Metodo, Tecnica e Protocollo Harmonic Resonance Modulation (HRM), Risonanza Armonica Modulata (RAM) o Modulazione Armonica Risonante (MAR)” (2001), Marco Stefanelli, Dr. Ph.D. Indovedic Psychology, spiega che la vita organica è basata su vari ritmi e bioritmi: la respirazione, le pulsazioni, i ritmi sottili vibratori delle cellule, delle molecole e degli atomi. Per questo i ritmi musicali e sonori hanno una potente influenza sugli elementi organici e psichici, stimolandoli, calmandoli, armonizzandoli ma anche creando disarmonie.
Tutte le cose che vibrano sono sensibili tra di loro, quindi potremmo dire che il suono è l’anello di congiunzione tra tutti i fenomeni. Come le corde di una chitarra che vengono pizzicate, vibrano e fanno vibrare la cassa armonica o le corde di un altro strumento, così pure tutte le cose si influenzano a vicenda mediante la legge sottile dello scambio vibratorio. Siccome il corpo si comporta come un diapason messo vicino ad un altro diapason, accade che i corpi e i loro componenti entrino in risonanza simpatica o simpatetica e si mettano a vibrare alla stessa frequenza.
Nel nostro cervello, il Talamo, è la struttura fisica dove giungono le sensazioni e dove le emozioni rimangono in modo non cosciente, per mezzo del ritmo sonoro per esempio, possiamo provocare una risposta automatica inconscia; ma è solo a livello corticale che possiamo apprezzare un’armonia, mentre a livello subcorticale (come anche per gli animali), possiamo “capire” il ritmo e la melodia. Il suono e la musica sono strettamente connessi alle varie funzioni del linguaggio, infatti nel lobo temporale i centri del linguaggio e della musica sono molto ravvicinati. Per esempio, il rullo del tamburo aumenta il flusso sanguigno e gli stimoli ritmici possono far aumentare il rendimento corporeo (soprattutto nelle tonalità maggiori). Se ad una persona addormentata pronunciamo una serie di nomi, essa si desterà nel momento in cui pronunceremo il suo nome.
Esistono vari elementi di cui la musica si compone ed ognuno di essi, produce degli effetti sulle funzioni fisiologiche e sulle condizioni psicologiche, nello specifico, si parla di: ritmo, tono, melodia, armonia e timbro.
Il ritmo è l’elemento primordiale e fondamentale che influisce più intensamente e rapidamente sull’essere umano, perché ha un’azione diretta sul corpo e sulle emozioni. Il ritmo influisce sulla circolazione sanguigna e sulla circolazione energetica: la prima è riattivata da un movimento rapido, mentre la seconda da un movimento lento. Più lento è il ritmo, più veloce scorre l’energia. La lentezza del movimento o del ritmo crea uno spazio interiore più grande che permette alle energie profonde di risvegliarsi e di fluire.
Il tono è relativo ad una nota prodotta da una specifica frequenza vibratoria che, a sua volta, produce determinati effetti fisici e psichici.
La melodia è una combinazione di toni, ritmi ed accenti adatta per esprimere emozioni che influiscono fortemente sul sistema nervoso, sulla respirazione e su tutte le funzioni vitali. La melodia agisce prevalentemente a livello molecolare.
L’ armonia è composta da una fusione di varie note con frequenze vibratorie diverse per formare degli accordi. L’armonia opera sui gangli e sul sistema endocrino. La risonanza degli armonici è collegata al sistema nervoso.
Il timbro è una qualità del suono, dovuta alla diversità di natura e struttura dei vari strumenti musicali, il quale suscita specifiche reazioni emotive.
Se il suono, la musica e il canto, permeano gran parte delle attività religiose in varie culture, non stupisce il fatto che anche nello sciamanismo, possano essere degli elementi caratteristici durante i vari riti tribali e viaggi sciamanici. Il tambureggiamento o l’uso di cembali e strumenti tradizionali, risultano la colonna portante durante il viaggio sciamanico: da un lato, un efficace strumento per accedere al mondo degli spiriti e connettere l’uomo alla realtà non ordinaria; dall’altro, una linea guida, una sorta di binario sul quale percorrere l’esperienza estatica, un punto di riferimento utile per rimanere ancorati e non perdere l’orientamento durante un viaggio che può riservare sorprese, novità e sconvolgimenti emotivi.
Negli anni ’60, Michael Harner, scoprì che il tambureggiamento veniva usato in uno specifico contesto di guarigione sciamanica dai Coast Salish del Puget Sound, nella parte occidentale dello stato di Washington, anche se non comprendeva i viaggi sciamanici. Harner decise di comprare un tamburo a due facce del tipo Pueblo e di sperimentarlo per compiere un viaggio sciamanico: con sua piacevole sorpresa, scoprì che la percussione monotona e ripetitiva alterava immediatamente il suo stato di coscienza. Sin dall’inizio dei suoi esperimenti, scoprì che un ritmo monotono e sempre uguale, di circa 205-220 colpi al minuto, era il più efficace; a quel tempo non sapeva ancora che quella era la stessa frequenza usata nel tambureggiamento degli sciamani siberiani e solo alcuni anni dopo, Harner riuscì a venire in possesso di un nastro con quattro minuti di registrazione di un tamburo siberiano, ottenendo la conferma delle sue teorie.
Nel 1984, durante il suo primo viaggio in Unione Sovietica, Harner incontrò Yuri Simchenko, un etnografo russo il quale aveva speso ventotto periodi di ricerche sul campo in Siberia. Simchenko aveva appreso che i veri sciamani siberiani usavano di norma soltanto il tamburo per alterare la coscienza, invece che i funghi psicoattivi (Amanita muscaria), assunti sopratutto dai non sciamani: la motivazione era nella difficoltà di mantenere una disciplina necessaria per il lavoro sciamanico, quando lo spirito dell’Amanita si impossessa del corpo.
I Ciukci della Siberia orientale, sono noti per l’utilizzo saltuario dell’Amanita, ma il grande etnologo russo Waldemar Borgoras, scrisse nel suo classico lavoro sui Ciukci (1907): “Gli unici mezzi utilizzati dagli sciamani Ciukci, novizi o esperti, per comunicare con gli “spiriti”, sono il tambureggiamento e il canto”.
Il tamburo a membrana singola, è ampiamente usato nel rituale sciamanico: si afferra tramite un manico di legno, fissato internamente alla cassa e viene suonato per mezzo di un battitore specifico. Spesso al tamburo sono fissati oggetti rituali metallici che pendono e suonano con esso; il tamburo è costruito usando materiali consacrati, per cui, la scelta dell’albero e della pelle sono molto accurati. Durante il rito, sembra che il tamburo portatile sia altamente adatto per una prestazione in cui, l’azione e il gesto, sono le linee guida: l’atto fisico del suonare il tamburo infatti, è integrato ad una danza sciamanica, per questo motivo, il ritmo può non essere sempre costante ma può accelerare o rallentare con accenti irregolari.
Quando gli sciamani siberiani iniziano il tambureggiamento per la prima parte del loro viaggio, il ritmo è uniforme e monotono; questo viene sostituito da un ritmo più regolare man mano che gli sciamani si fondono con gli spiriti e si addentrano nelle avventure della realtà non ordinaria. Harner, scoprì che, le guarigioni con il metodo dell’estrazione che aveva testimoniato tra gli sciamani amazzonici, che utilizzavano l’ayahuasca, erano condotte con altrettanto successo, tra gli indiani della costa occidentale del Nordamerica, esclusivamente attraverso uno stimolo uditivo in forma di battagli, bastoni battuti per terra, o con campanelli, tra gli Shakers indiani dell’Oregon e dello stato di Washington. Fu un’importante scoperta personale per Harner e le implicazioni furono enormi: suggerivano che i tamburi e le droghe rappresentavano due diverse porte d’accesso alle stesse dimensioni spirituali. Benché lo strumento più utilizzato fosse il tamburo, si potevano trovare anche altri mezzi di percussione, come bastoncini di legno usati dagli aborigeni australiani oppure, nelle regioni tropicali del Sud-est asiatico, i gong e dei bracciali di metallo. Gli Shuar dell’Alta Amazzonia continuano ad usare l’arco musicale e gli odierni sciamani mongoli e siberiani, usano uno strumento simile, l’arpa a bocca o scacciapensieri, dove la corda viene pizzicata davanti alla bocca aperta che funge da cassa di risonanza: il suono prodotto dall’arco musicale è quasi inudibile dagli altri, ma la sua continua vibrazione è sufficientemente forte all’interno della testa, da indurre un cambiamento di coscienza. Nelle pitture rupestri paleolitiche della Grotta di Trois Frènes, nella Francia sud-occidentale, una figura semi-umana, probabilmente uno sciamano fuso con lo spirito di un bisonte, suona un arco musicale; probabilmente, il silenzioso arco musicale, era un opzione migliore del tamburo, perché evitava possibili distacchi di frammenti di roccia dalla volta della grotta.
Un altro esempio sono gli Soioti della repubblica di Tuva, al confine meridionale della Siberia, essi chiamano il tamburo, “il cavallo dello sciamano”, perché coadiuva il suo volo nel Mondo di Sopra e di Sotto e, perché il suono del tamburo assomiglia a quello degli zoccoli di un cavallo. Il tamburo non coadiuva soltanto il viaggio sciamanico, ma stimola anche esperienze visionarie: i Sami (“Lapponi”) della Scandinavia settentrionale, chiamano letteralmente il tamburo, “qualcosa da cui vengono le immagini” (gavados).
Dopo le scoperte sopraccitate, Harner iniziò a chiamare, gli stati alterati che accompagnano il tambureggiamento (e gli psichedelici), “stati sciamanici di coscienza”. Non si trattava di stati alterati incontrollati, ma di stati che includono la conoscenza delle finalità e della disciplina sciamanica, quali l’aiuto e la guarigione.
Negli anni ’70, esaminando la letteratura scientifica alla ricerca di una spiegazione degli effetti mentali del tambureggiamento, Harner trovò solo tre pubblicazioni significative in inglese sull’argomento: l’autore di due di quelle tre pubblicazioni era Andrew Neher, il quale all’inizio degli anni ’60, fu il pioniere degli studi scientifici sugli effetti del suono del tamburo sulle onde celebrali. I risultati delle ricerche in laboratorio, portarono Neher a concludere che il suono del tamburo, produce dei cambiamenti “inusuali” nel sistema nervoso, egli lo chiamò “stimolo uditivo”. Due elementi notati da Neher sono degni di nota:
- il suono del tamburo contiene varie frequenze e quindi stimola elettricamente più regioni senso-motorie del cervello contemporaneamente;
- essendo composto soprattutto da basse frequenze, il suono può essere di forte intensità e dare un grande input energetico, senza provocare il fastidio e i danni provocati dai suoni ad alta frequenza di uguale ampiezza d’onda.
L’autore della terza pubblicazione, era uno psichiatra, Wolfgang Jilek, che aveva studiato gli effetti terapeutici dell Danze degli spiriti degli indiani Salish della British Columbia e dello stato di Washington. Assieme ad un collega, Jilek aveva rilevato che durante le cerimonie sciamaniche di iniziazione, i tamburi di pelle di cervo dei Salish, venivano battuti ad un ritmo di 4-7 colpi al secondo, un ritmo corrispondente alla frequenza delle onde theta, “ritenuto il più efficace per indurre stati di trance”. La frequenza delle onde theta è tra i 3 e i 7 Hz, è propria della mente impegnata in un’attività di immaginazione, visualizzazione, ispirazione creativa e tendono ad essere prodotto durante la meditazione profonda. Nelle attività di veglia, le onde theta, sono il segno di una conoscenza intuitiva e di una capacità immaginativa radicata nel profondo.
Recenti studi, confermano i profondi effetti psicologici e fisiologici, prodotti dal tambureggiamento sciamanico, alcuni dei più significativi, li ritroviamo nelle pubblicazioni di due psicologhe, Melinda Maxfield e Sandra Harner “Immune and Effect Responce to Shamanic Drumming” e nell’articolo di Udo Will e Eric Berg “Brain wave synchronization and entrainment to periodic acoustic stimuli”, Neuroscience Letters 424 (2007) 55–60.
Trasportato dalle vibrazioni del tamburo, lo sciamano, viene introdotto in una realtà differente, il rullare continuo gli permette di esplorare “Mondi” paralleli, viene sostenuto nella trance ma nello stesso momento rimane ancora in collegamento con la realtà ordinaria. Il suono del tamburo è come il filo di Arianna, gli permette di andare verso l’ignoto mantenendo però la connessione con la terra. Lo sciamano sa sempre come ritornare ed il suono che lo accompagna nel viaggio è anche il “faro” per il suo ritorno. Seguendo una precisa cosmologia, egli si muove liberamente all’interno di luoghi spirituali, metafisici e colmi di sacralità: sono dimensioni nelle quali ci si può ricongiungere al proprio io, alla propria essenza, agli antenati, agli spiriti e agli antichi maestri. Tutto risulta possibile, immortale ed infinito, il corpo diventa energia e l’anima è nuovamente libera di muoversi e fondersi con l’Universo.
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