La società contemporanea attraversa una fase di grande cambiamento intellettuale, sociale, nonché religioso; come ogni epoca segnata dalla secolarizzazione, da importanti scoperte scientifiche e tecnologiche, il rapporto dell’uomo con il divino ha iniziato a vacillare, o meglio, è stato riconfigurato, facendo emergere una diversa visione rispetto al rapporto con la “spiritualità”, la quotidianità, con il proprio io, minando le fondamenta del pensiero “convenzionale”, cambiando i punti di riferimento. Il mito della Torre di Babele riemerge nella nostra cultura, frammentando le conoscenze, le identità, allontanando l’uomo dall’antico sapere, esponendolo alla comunicazione compulsiva in rete, al codice linguistico snaturato, al gretto richiamo all’esclusività etnica contrapposto alla globalizzazione. Molte persone hanno lasciato dietro di sé l’Età della Fede, mosse dalla ricerca di un contatto diretto con il sacro, non affidandosi più ai dogmi o alle autorità ecclesiastiche e spostando il fulcro, sulla libertà di conoscere anziché sul credere o non credere. Anche la medicina tradizionale ha iniziato ad essere affiancata a quella non-occidentale, spingendo l’uomo ad un approccio più olistico, dove la cura e la guarigione riguardano il corpo, nella sua fisiologia più “sottile” e complessa. Alcuni esempi sono: l’Ayurveda, la medicina tradizionale cinese, la naturopatia, l’omeopatia, la fitoterapia, la medicina antroposofica, ecc.
A partire dagli anni ’50, il cambiamento verso una nuova coscienza globale, appariva inevitabile, molti tabù erano ormai infranti e una nuova mentalità si faceva strada, avviando un processo irreversibile verso una rivoluzione generazionale.
L’uso ricreativo di sostanze psichedeliche come l’LSD, erano molto comune; molti provarono a condurre “esperimenti” di viaggi in altre realtà ma quello che mancava era un sistema di riferimento, un indirizzo teorico entro il quale collocare le proprie esperienze; altri invece, durante la loro personale ricerca, si ispirarono ai libri di Castaneda e agli scrittori “psiconauti” della Beat Generation, iniziando ad intuire la cartografia segreta dello sciamanismo.
E’ in questo periodo storico che Michael Harner, studente di antropologia alla University of California di Berkeley, iniziò la sua ricerca sul campo nell’Alta Amazzonia, nel 1956-57, grazie ad una borsa di studio per conseguire il dottorato di ricerca. Il clima accademico era ancora caratterizzato dall’etnocentrismo, nonché riluttante a prendere sul serio lo sciamanismo. Il suo programma era di allontanarsi dalla torre d’avorio del mondo universitario per varcare i limiti della colonizzazione occidentale e vivere con le culture native, che non erano state ancora assoggettate: scelse il Sudamerica, specificatamente gli Jìvaro, o Untsuri Shuar dell’Ecuador orientale, noti per essersi opposti per secoli alla colonizzazione.
Al suo arrivo nel 1956, si rese conto di trovarsi in una società non solo di guerrieri ma anche di sciamani. Gli sciamani erano centinaia, e le loro opere di guarigione permeavano la loro vita quotidiana. Molti dei loro comportamenti, sembravano collegati all’uso di piante allucinogene, ogni elemento della società dei Jìvaro assumeva sostanze psicotrope, persino i bambini, e sebbene fosse stato proposto ad Harner di farne uso, lui non accettò, per paura di perdere la sua concetrazione sul lavoro da etnografo. Durante la ricerca sul campo, in Harner, iniziò ad insinuarsi un nuovo orientamento spirituale, stava adottando consciamente alcune delle nozioni degli Shuar sulla realtà degli spiriti, ma non né faceva menzione nelle lettere che inviava ai suoi relatori di dottorato; questo lavoro gettò le basi per il suo libro “The Jìvaro, People of the Sacred Waterfalls” (1972).
L’anno seguente, al suo ritorno negli Stati Uniti, la nuova percezione spirituale sperimentata in Ecuador diventò sempre più un debole ricordo, ma dopo quattro anni, durante un’altra spedizione nell’Alta Amazzonia per conto dell’American Museum of Natural History, successe qualcosa che gli fece varcare completamente “la soglia”. In una notte del 1961, tra alcuni indios Conibo del Perù orientale, assunse la bevanda psichedelica dei loro sciamani: l’ayahuasca; i Conibo glielo avevano richiesto come requisito per potersi informare sulla loro religione e le loro esperienze spirituali, e Harner accettò. Le esperienze visionarie che ne seguirono furono estremamente potenti e Harner iniziò a capire le teorie culturali che gli erano state insegnate come studente di antropologia, fu una scoperta che sfidava radicalmente la sua visione occidentale della realtà e che lo spinse a mettersi alla ricerca dell’antica conoscenza. Tra i Conibo, questa ricerca, si concretizzò nell’apprendimento dei metodi sciamanici, compresi l’ayahuasca e i canti sciamanici come catalizzatori notturni del lavoro con gli spiriti e del viaggio nelle dimensioni sacre.
Nel 1961 dovette lasciare gli studi con i Conibo per ritornare negli Stati Uniti, per assumere la docenza a Berkeley. A San Fransisco si trovò inaspettatamente coinvolto in un piccolo gruppo di persone in rapida espansione: psicologi, poeti, musicisti, botanici, chimici e bohémien, che facevano esperienze con l’LSD, funghi messicani, peyote e mescalina. Harner incontrò Allen Ginsberg che era appena ritornato dall’India, i due si frequentarono insieme ad altri appartenenti al gruppo di Gough Street, a San Francisco: era in rapida evoluzione il movimento della Beat Generation e del New Age.
All’inizio del 1963, Harner tenne una conferenza pubblica a Berkeley, con il patrocinio della University of California, sul tema: “Droghe e realtà nell’Alta Amazzonia”; Harner riferì che gli Shuar (chiamati in seguito Jìvaro), ritenevano che l’unica vera realtà, fosse quella visibile attraverso l’assunzione dell’ayahuasca. La conferenza ebbe molto successo e venne fatta circolare in tutti i campus dell’ università sotto forma di newsletter. La conseguenza fu che, nel novembre del 1963, durante il convegno annuale della American Anthropological Association a San Francisco, Harner fu avvicinato da un uomo dall’aspetto latino, il quale si presentò come Carlos Castaneda. Era uno studente alla UCLA e disse di avere difficoltà nell’organizzare le informazioni raccolte durante una ricerca sul campo con un indio Yaqui del Messico ed espresse il suo interesse sulla dicotomia tra le realtà delle quali Harner aveva parlato nella sua ultima conferenza; nei suoi scritti posteriori, Castaneda, formalizzò questa dicotomia, impiegando due semplice termini: realtà “ordinaria” e “non ordinaria”, concetti che Harner associò allo “stato ordinario di coscienza” (OSC) e allo “stato sciamanico di coscienza (SSC).
Harner, insieme a sua moglie Sandra, aiutarono Castaneda a raccogliere i suoi scritti: era uno resoconto etnografico molto accurato e non ci volle molto che questo materiale raggiungesse le dimensioni di un libro, così che, nel 1968, venne pubblicato dalla University of California Press con il titolo Gli Insegnamenti di don Juan.
Molti altri studiosi erano impegnati nella stessa ricerca accademica, avviata soprattutto dalle esperienze di Gordon Wasson con i “funghi magici” tra i Mazatec del Messico, dalle pubblicazioni di Albert Hofmann che facevano seguito alla sua scoperta dell’LSD, dai resoconti di Aldous Huxley sulla mescalina e dalle esperienze di Timothy Leary con la psilocibina tra gli studenti di Harvard. Harner però, convinto che l’uso e l’impatto di queste sostanze non fossero mai stati considerati seriamente dagli studiosi delle origini delle religioni, scavò nella letteratura etnologica e storica transculturale, con curiosità e grandi aspettative: come risultato, alla fine deglia anni ’60, iniziò a concludere che nella maggior parte delle culture native, gli sciamani svolgevano il loro lavoro senza l’uso di sostanze psichedeliche. Era sempre più evidente che gli sciamani, in varie parti del mondo, utilizzavano lo stimolo sonoro, in particolare quello del tambureggiamento, ma rimaneva ancora difficile accettare e dimostrare che il suono del tamburo potesse realmente alterare profondamente lo stato di coscienza.
Nel 1980, Harner pubblicò il suo testo pionieristico, “The Way of the Shaman. A Guide to Power and Healing”, parallelamente all’insegnamento dei metodi sciamanici, sperimentazioni pratiche, studi comparativi e ricerche sul campo, isolò gradualmente i principi e le pratiche comuni a tutte le tradizioni sciamaniche, inclusi gli stimoli uditivi per alterare lo stato di coscienza; sono proprio questi principi transculturali che costituiscono quello che Harner chiamò “core-chamanism” ovvero, il nucleo centrale dello sciamanismo, l’insieme dei suoi elementi universalmente accettati, inoltre, bisogna precisare, come puntualizzò Townsend, che il core-shamanism si distingue da altri approcci contemporanei definiti genericamente “neo-sciamanismo”.
Il “successo” del core-shamanism è dovuto al fatto che, per la maggior parte degli occidentali, l’apprendimento e la pratica, incluso il viaggio sciamanico, risultano molto più produttivi dell’imitazione di pratiche scamaniche appartenenti ad un’unica cultura, perchè ogni cultura possiede la propria simbologia e mitologia e le proprie elaborazioni concettuali. Negli anni successivi sempre più persone, sia negli Stati Uniti che in Europa, cominciarono a partecipare ai corsi di addestramento condotti da Harner: il suo lavoro, inizialmente criticato da alcuni, cominciò ad essere accettato tra il pubblico generale, specialmente tra gli studenti che avevano sperimentato di persona la validità del suo approccio.
Sebbene più tardivo, il riconoscimento del lavoro di Harner da parte del mondo accademico ne mise in evidenza la rilevanza, non solo per gli studi specialistici sullo sciamanismo, ma anche per l’antropologia e le scienze umane in generale.
Parallelamente al lavoro di insegnamento universitario, Harner portò avanti i suoi studi in campo sciamanico, divenendo sempre più consapevole della necessità di intervenire urgentemente per salvaguardare le tradizioni sciamaniche che stavano scomparendo rapidamente. Per rispondere a queste esigenze, nel 1985 creò la Foundation for Shamanic Studies, un’organizzazione non-profit dedicata a insegnare, studiare e preservare lo sciamanismo in tutto il mondo. Nel 1987, Harner si ritirò dall’insegnamento accademico per dedicarsi completamente allo sciamanismo e allo sviluppo della Foundation.
Con la creazione della Foundation, Harner fu in grado di sviluppare un programma completo di addestramento del core-shamanism, nominando un corpo insegnante internazionale (International Faculty), che lo affiancasse nell’insegnamento. Per quanto riguarda lo studio dello sciamanismo indigeno, diede impulso alla ricerca sul campo, avvalendosi del lavoro di numerosi etnografi e antropologi, impegnati a documentare le pratiche sciamaniche in varie parti del mondo, inoltre, istituì il cosiddetto Urgent Tribal Assistance Program per assistere vari gruppi tribali (inizialmente gli Inuit del Canada, i Sami della Scandinavia e alcuni gruppi nativo-americani), nello sforzo di rivitalizzare le loro tradizioni: parte importante di tale programma divenne il progetto chiamato Living Treasures of Shamanism, che ogni anno conferisce la qualifica di “Tesoro Vivente dello Sciamanismo” a uno o più sciamani indigeni che si sono distinti nel loro lavoro, sostenendoli anche con un vitalizio. Queste attività, che si concretizzano attraverso delle visite periodiche e delle ricerche sul lungo periodo, rivestono un’importanza fondamentale per sostenere gli sciamani indigeni nel complesso lavoro di salvaguardia delle loro antiche conoscenze. Particolarmente fecondo fu il rapporto di collaborazione che, a iniziare dal 1993, la Foundation stabilì con gli sciamani della repubblica asiatica di Tuva, e come parte del suo impegno nello studio e nella conservazione dello sciamanismo, la Foundation ha perseguito la collaborazione e l’interscambio con varie istituzioni accademiche dell’Unione Sovietica.
Grazie anche alle donazioni pubbliche e private, la Foundation è stata in grado di portare avanti una varietà di progetti, tra questi, è da menzionare il cosiddetto Shamanism and Health Program, diretto da Sandra Harner, un progetto rivolto a dimostrare, attraverso studi sperimentali, gli effetti terapeutici dei metodi sciamanici di guarigione. Un altro progetto importante è la “Mappatura della Realtà Non Ordinaria” (progetto MONOR or Mapping of NonOrdinary Reality), un programma diretto personalmente da Harner e rivolto a delineare la struttura dei mondi non ordinari, la quale emerge dai racconti degli sciamani indigeni e dalle testimonianze dei moderni praticanti. Connesso a queste ricerche, vi è un vastissimo archivio, chiamato The Shamanic Knowledge Conservatory, che raccoglie libri e articoli specialistici, ricerche etnografiche, in parte promosse dalla Foundation, artefatti sciamanici e testimonianze di esperienze personali fornite dagli studenti. La Foundation, che dal 1994 ha sede centrale in California (Marin County), pubblica annualmente la rivista Shamanism, molto ricca di documentazione sulle ricerche attualmente in corso in varie parti del mondo, ed è presente con i suoi programmi di core-shamanism anche in Europa, Sud America, Asia e Australia.
Per scelta di Harner, l’insegnamento è fondato sulla trasmissione diretta di conoscenze e pratiche più che sulle pubblicazioni, in accordo con la tradizione orale caratteristica dello sciamanismo indigeno e, pur avendo lasciato la presidenza della Foundation nel luglio del 2013, egli continua a seguirne le attività come suo Fondatore. Il suo ultimo libro, Cave and Cosmos. Shamanic Encounters with Another Reality, è uscito negli Stati Uniti il 9 aprile 2013 (North Atlantic Books, California).
Nel loro libro, Higher Wisdom: Eminent Elders Explore the Continuing Impact of Psychedelics (2005), Roger Walsh e Charles S. Grob, hanno scritto: “Michael Harner è ampiamente considerato la massima autorità a livello mondiale nel campo dello sciamanismo e ha avuto un’influenza enorme sia sul mondo accademico che sul pubblico generale. Ciò che Yogananda ha fatto per l’Induismo e D. T. Suzuki ha fatto per lo Zen, Michael Harner lo ha realizzato per lo sciamanismo, portandone le ricche tradizioni alla conoscenza del mondo occidentale.”
LINK :
La Foundation for Shamanic Studies
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